brigata del leoncino

Cosa c’è dietro il «linguaggio delle parole»? La comunicazione che si realizza attraverso la costruzione di simboli, l’elaborazione di concetti, l’attribuzione di significati, su quali meccanismi più o meno espliciti si basa? Tutto ciò è da sempre oggetto di affascianti studi, di appassionanti ricerche, frutto di concatenazioni tra le diverse discipline letterarie, filosofiche, medico-scientifiche.
I seguaci di Platone e di Aristotele furono protagonisti, nell’antica Grecia, di una disputa a proposito dei concetti. Platone affermava l’esistenza di un concetto di “cavallo” a cui tutta la “cavallinità” faceva riferimento: il concetto era reale tanto quanto il cavallo stesso, e le idee avevano una loro individualità e persistenza nel tempo. Per Aristotele, invece, il concetto di “cavallo” era un artificio della mente umana, creato attraverso vari organi di senso, e li riuniva per comodità nel concetto di “cavallo”. Oggi c’è un generale accordo sulla versione di Aristotele.
Ma a che livello avviene l’elaborazione del concetto, e soprattutto, con quale meccanismo si forma il concetto nel nostro cervello? Esistono schemi che si ripetono quasi automaticamente a dispetto dell’epoca, degli stimoli esterni e della cultura nel funzionamento del cervello umano per l’articolazione del linguaggio e del pensiero? Già nel 1979, un giovane esperto di intelligenza artificiale, Douglas Hofstadter, il nostro «Leoncino d’Oro 2011», scrivendo il suo libro-capolavoro «Godel, Escher e Bach» (Premio Pulitzer), parlando di studi matematici, musica, paradossi grafici e linguistici, rese di dominio pubblico un’intui-zione provocatoria: la mente umana equiva-lente ad un computer, le cellule nervose semplici trasmettitori, confinando l'intelligenza alla sola capacità di eseguire i programmi scritti nel cervello. Quesiti che da sempre affascinano le «menti pensanti» e che tanto hanno appas-sionato l’autore che in questo volume raccoglie le ricerche e gli studi durati quasi venti anni.